MERCATI ALL’INGROSSO: SEMPRE PIU’ HUB DI SERVIZI
I centri agroalimentari italiani vivono una fase di trasformazione per essere più vicini alle esigenze degli operatori e al cambio di passo della distribuzione. I mercati sono un pezzo importante della filiera agricola nazionale e per questo motivo dobbiamo abbandonare la tradizionale immagine del mercato all’ingrosso.
Il cambiamento per Fedagromercati
«Ci siamo cullati per troppo tempo nella nostra posizione di interme- diari nella filiera. Ora però dobbiamo innovare e cambiare mentalità. Non pos- siamo stare fermi nelle mura del mercato, ma guardare oltre, aumentando la no- stra offerta di servizi (come il catering) e rivolgendosi anche a clienti nuovi, co- me per esempio l’horeca. Le nostre non possono più essere solo infrastrutture per la vendita del prodotto, ma devono diventare piattaforme logistiche e centri polifunzionali all’interno dei quali dare al produttore e al consumatore servizi nuovi ad alto valore aggiunto»: ad affermarlo è Valentino Di Pisa, presidente di Fedagromercati, associazione aderente a Confcommercio che rappresenta gli operatori grossisti ortofrutticoli all’interno dei centri agroalimentari e circa 600 imprese della filiera agroalimentare. Ecco quindi l’identikit del moderno mercato all’ingrosso: «un’area dove far convergere tutti i settori dell’agroali- mentare (ortofrutta, carne, pesce eccetera) e concentrare le attività sinergiche come crioconservazione, packaging, logistica, trasporti – chiarisce Di Pisa –. Dobbiamo fare della piccola e media distribuzione un partner e auspichiamo di coinvolgere sempre di più anche la Gdo». Le opportunità sul piatto sono tante. Una è l’e-commerce che «a oggi nel nostro comparto non ha cambiato molto, ma è solo questione di tempo – indica il presidente di Fedagromercati –. I cen- tri agroalimentari possono giocare un ruolo chiave in quanto piattaforme logi- stiche naturali per la gestione dell’ultimo miglio».
Occorre però spingersi oltre: «i mercati all’ingrosso devono diventare centri per la trasformazione del prodotto e quindi favorire l’export». Parte di questo cam- biamento è in mano a operatori e a enti gestori, ma una parte l’ha anche il legi- slatore: «serve una strategia nazionale, definita dal Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle politiche agricole – sostiene Di Pisa –, la gestione del mercato non può più essere solo di derivazione politica, ma deve anche rispondere a logiche economiche e manageriali, inserite in una visione strategica nazionale di più ampio respiro. Serve una visione di sistema anche per i mercati all’ingrosso. Attualmente in Italia se ne contano ben 130. Non possono continuare a esistere tutti. Neppure però ne bastano solo 10. Un po’ come avvenuto per i porti, occorre razionalizzare il numero e la gestione del- le infrastrutture, definendo esigenze, caratteristiche e competenze».
Si dice “mercato” e si pensa a un luogo di colori, rumori, odori, dove si scambiano prodotti e, con essi, frammenti di cultura e tradizione e dove “fare l’affare” è possibile, ma saper “comprare” è importante quanto “relazionarsi” con i vari attori. Nella mente dei più il mercato all’ingrosso si sovrappone solo in par- te a quest’immagine. «Ci sono ancora tanti luoghi comuni, non sempre positivi, e falsi miti da sfatare», afferma Fabio Massimo Pallottini, direttore generale del Centro Agroalimentare Romano (CAR), nonché presidente di Italmercati, rete d’imprese che raduna i principali mercati all’ingrosso nazionali, i quali, spiega Pallottini, godono ancora troppo spesso di cattiva stampa: «sono visti come ambienti confusi e caotici. Niente di più distan- te dalla realtà: i mercati realizzati o ristrutturati negli ultimi 15 o 20 anni sono moderni ed efficienti centri poli- funzionali, che possono svolgere atti- vità logistica e offrire servizi ad alto valore aggiunto; luoghi dove sono garantite e tutelate la conservazione e la sicurezza dei prodotti». Da circa 4 anni, Italmercati realizza specifici pro- getti di rete, tra cui il recupero dell’invenduto o la contrattazione collettiva per i consumi elettrici. Primo obiettivo della rete è però pro- muovere il cambiamento in atto nei principali centri agroalimentari italiani, dando il massimo risalto alle numerose eccellenze esistenti. «I mercati sono un pezzo importante della filiera agricola nazionale. Dob- biamo dare centralità a questi luoghi di efficienza – illustra Pallottini –. Abbiamo stretto accordi con Coldiretti, Fedagro e Confcommercio e stiamo portando avanti una discussione con gli organi di competenza dell’Unione europea, affinché la prossima Politica Agricola Comunita- ria (PAC) riconosca il valore dei mercati nella filiera agroalimentare. Cerchiamo, inoltre, di farci portavoce dell’importanza di restituire un’attenzione sana ai mercati. Siamo in prima linea con progetti che tutelano legalità e trasparenza dalle infiltrazioni mala- vitose nei mercati».
Per quella che è anche un’evoluzione culturale, i mercati sono chiamati a fare la loro parte, come spiega il presidente di Italmercati: «chi non l’ha già fatto, deve cambiare mentalità: offrire più servizi e valorizzarli agli occhi di clienti, classe dirigente e cittadini». Ed è proprio questa la strada imboccata, diversi anni fa, dal Centro Agroalimentare Romano, diretto dallo stesso Pallottini. Il CAR è una delle più importanti strutture europee per la commercializzazione dei prodotti orto- frutticoli e ittici, la più grande in Italia e la quarta in Europa. All’interno di un’area di 1,4 milioni di mq di cui 300.000 coperti operano circa 450 tra grossisti, imprese servizi, produttori e così via, per un volume d’affari di oltre 2 miliardi di euro e quasi 10 milioni di quintali di prodotto movimentato nel solo 2018 (circa 9 milioni di quintali di ortofrutta e 800.000 di prodotto ittico). La prima sostanziale trasformazione del centro risale a 15 anni fa, quando il mercato è stato spostato dal cuore della Capitale all’esterno del Grande Raccordo Anulare. Inaugurato nel 2002, il nuovo CAR è ancora naturalmente proiettato a servire l’area metropolitana di Roma «essendo a soli 20 km dal centro storico, siamo una piattaforma ideale per la gestione dell’ultimo miglio», ma è anche punto di riferimento per una più vasta area multiregionale. «L’evoluzione da mercato all’ingrosso cittadino “tradizionale” a moderno polo commerciale e distributivo ha portato a una maggiore concentrazione e a una crescita dimensionale delle aziende presenti nell’infrastruttura – illustra il ceo del CAR –. Oggi all’interno del centro ci sono anche aziende non romane, che sono arrivate qui attratte dalle opportunità del bacino commerciale della città. Dialoghiamo, inoltre, sempre più spesso con la distribuzione organizzata e con horeca e cresce il peso di settori collaterali all’agroali- mentare, come il biologico». Di anno in anno, l’offerta del CAR aumenta in termini di attività a valore aggiunto, come logistica, packaging eccetera: «abbiamo un cantiere aperto per la realizzazione di una piattaforma di 3.000 mq e lo sviluppo di una nuova area».
L’evoluzione di Mercato Agro Alimentare della Sici- lia (MAAS) si può definire esplosiva. In pochi anni il mercato all’ingrosso siciliano è infatti molto cambiato, come conferma Giuseppe Gua- gliardi, consigliere di ammi- nistrazione di MAAS: «Ci siamo trasferiti dalla vecchia struttura a quella attuale nel 2011. Un anno più tardi abbiamo aperto il merca- to ittico. Nel 2015 sono arrivate le carni e un anno fa la prima società di trasformazione». Oggi l’infrastruttura comprende 5 plessi dedicati a diverse attività commerciali (70% ortofrutta, 20% ittico, 10% tutto il resto) e ospita circa 120 aziende, di cui 85 dell’ortofrutta e 21 ittiche. Il MAAS si sviluppa su un’area di 330 ettari, circa un terzo coperti. Ha però un piano di sviluppo per la riconversione di altri 70 ettari. «I nostri locali sono saturi all’88% – specifica Guagliardi –. Dove si movimenta tanta merce (2 milioni di quintali di orto- frutta e 150.000 kg di pesce l’anno) frequentano tutti gli attori della filiera. Per questo, sebbene l’orizzonte temporale per la realizzazione delle nuove aree sia di 5 anni, potremmo dover accelerare per dare risposta a una domanda crescente di servizi». Negli ultimi anni, il MAAS ha aperto le por- te a tutto il settore, ospitando riunioni di consorzi e tavoli istituzionali. «Ci definiamo la “casa dell’agroalimentare”: dobbiamo abbandonare la tradizionale immagine del mercato all’ingrosso, abbracciando attività nuove in un’ottica di sistema». E con un’offerta più ampia di servizi sono aumentati anche gli utilizzatori. «Noi siamo veramente un porto sul Mediterraneo. Le aziende, anche straniere, arrivano però solo se trovano supporto. Serve dunque un approccio gestionale diver- so». Il vero cambiamento da fare è quindi soprattutto culturale. «I mercati all’ingrosso così come per anni sono stati nella testa degli operatori non hanno grande futuro. Sono mutate le propensioni di acquisto: i nostri clienti sono ambulanti, grossisti di altri mer- cati, dettaglianti (sempre meno), gros- sisti che forniscono la media e piccola distribuzione. Gli studi ci dicono che tanti clienti sono passati dal servirsi dall’ambulante al discount». La sfida è quindi aiutare l’operatore a diventare player della piccola media distribuzio- ne o del discount. «È lì il nesso della sopravvivenza, – conferma Guagliardi – Se si perdono gli operatori, si perde anche il centro agroalimentare. E’ vero che ci si può rimettere in gioco con altri servizi, come la logistica. Senza merce, però, la logistica non serve. Il nostro compito è dunque anche quello di accompagnare gli operatori verso questo cambio di clientela di riferi- mento». E un numero crescente di aziende sta rispondendo positivamente all’approccio di MAAS. «Vogliamo supportare le aziende con piattaforme di distribuzione e con servizi innovati- vi grazie anche all’intervento delle misure regionali».
Il futuro dei mercati all’ingrosso è nella IV e V gamma (rispettivamente ortofrutta fresca, lavata, confezionata e pronta al consumo, cruda o da cuocere, e frutta e verdure semilavorate, già cotte, confezionate e pronte al consu- mo) e nella logistica: ne è convinto Carmine Giordano, presidente del Centro Agro Alimentare di Napoli (CAAN). «Sempre più aziende si stanno organizzando con propri impianti di trasformazione e confezionamento, nonché con proprie piattaforme e auto- mezzi per consegnare direttamente a domicilio i prodotti ordinati dai loro clienti». Terzo mercato all’ingrosso in Italia e primo nel Mezzogiorno per estensione territoriale e quantitativi di merce commercializzata, il CAAN si sviluppa su 362.000 mq di struttura in cui operano circa 140 imprese (principalmente grossisti ortofrutticoli e ittici, ma anche aziende di trasformazione e confezionamento, uffici, locali commerciali e un cash and carry) e alla quale accedono quotidianamente oltre 3.000 utenti. Con più di 2.000 lavora- tori, tra diretti, indiretti e indotto, e cir- ca 3 milioni di euro di fatturato annuo, il CAAN è una realtà socio-economica di grande rilievo per la provincia di Napoli. «Il ruolo dei centri agroalimentari è notevolmente evoluto negli ultimi anni: non più un mero insieme di imprese e mercati autonomi e indi- pendenti, ma un hub di servizi inter- connessi, un polo strategico che fa del- la valorizzazione delle produzioni locali e del controllo di qualità e salubrità dei prodotti, la sua mission principale. La posizione geografica privilegiata nel cuore del Mediterraneo offre in più del CAAN uno snodo logistico imprescindibile nelle movimentazioni internazionali». Il mercato partenopeo sta raccogliendo la sfida di una evoluzione del proprio ruolo con investimenti mirati a dare concretezza alla crescita: «Insieme all’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno, stiamo mettendo a punto un progetto di certificazione e controllo chimico- biologico dei prodotti ortofrutticoli che parta dalle analisi dei terreni di coltivazione – illustra Giordano –. Ci prefiggiamo di redigere una vera e propria mappatura delle provenienze, che servirà a scrollarci definitivamente di dosso l’etichetta di “terra dei fuochi” – che tanto male ha fatto alla nostra economia – e quindi dimostrare ai consumatori campani che i nostri prodotti sono sicuri e certificati, attraverso la creazione di un vero e proprio “marchio di qualità CAAN”. Siamo infine in contatto con alcune start up giovanili che stanno realizzando degli applicativi informatici in grado di mettere in contatto, con un click, il mondo dei mercati all’ingrosso con il mondo della ristorazione».
Anche il Mercato Agroalimentare di Milano sta vivendo una fase di pro- fonda trasformazione, avviata nel 2016, anno di Expo (di cui il mercato ha ereditato il marchio Foody), e sviluppata intorno a un interrogativo:«nel contesto attuale, serve ancora un mercato all’ingrosso? Sì ed è importantissimo», afferma con convinzione Cesare Ferrero, presidente di Sogemi che gestisce il Mercato Agroalimentare di Milano. Nei suoi oltre 647.000 mq di superficie, al momento solo un terzo utilizzati, il centro conta 4 mercati (ortofrutta, ittico, fiori e carni) e più di 400 aziende. Con 10 milioni di consumatori serviti e oltre 1 miliardo di euro di merci scambiate ogni anno, è uno dei mercati all’ingrosso più grandi d’Europa. «Il ruolo della Gdo nello scenario distributivo agroalimentare e l’emergere dell’e-commerce potrebbero far ritenere inutile questa infrastruttura pubblica. Le esperienze di città come Bar- cellona e Parigi dimostrano che i mercati all’ingrosso sono fondamentali per la mobilità delle merci agroalimentari». Nel 2016, Sogemi ha avviato un progetto di riqualificazione che, attraverso un investimento complessivo di 100 milioni di euro tra il 2018 ed il 2021, contribuirà a fare del mercato meneghino un hub di riferimento per il settore agroalimentare e un’infrastruttura ideale per il rilancio urbano. «Andando un po’ controcor- rente, abbiamo scelto di restare nella stessa struttura di sempre, realizzata nel 1965 e ad appena 2,4 km dalla Madonnina. La gestione dell’ultimo miglio è la vera criticità e noi abbiamo scelto quindi di valorizza- re la nostra posizione», spiega Ferrero, che ci tiene a precisare: «Non siamo una piattaforma logistica, ma dobbia- mo sviluppare una logistica efficiente a supporto dell’attività mercatale». All’interno del nuovo centro ci saranno piattaforme logistiche, ma anche centri di analisi, un business centre, laborato- ri, centro per la formazione. «Con il marchio Foody si andrà a identificare un polo d’innovazione e sperimenta- zione e un punto di riferimento della grande tradizione ed eccellenza del made in Italy. Puntiamo allo sviluppo di attività complementari come packaging, tra- sformazione alimentare, servizi per import/export, distribuzione urbana con veicoli elettrici, e in generale di tutto quanto ruota intorno al mondo del food, compresi i corsi di cucina. Vogliamo aprire le porte del mercato alla città e ai suoi cittadini».
Una scelta simile ha caratterizzato l’evoluzione del Centro Agro Ali- mentare di Bologna (CAAB). Circa 6 anni fa, l’infrastruttura ha vissuto un radicale cambiamento. «Nel 2016 è stata inaugurata una nuova area logistica, strutturata insieme a Toyota Mate- rial Handling seguendo logiche “lean” e implementando tecnologie all’avan- guardia che ci hanno permesso di otti- mizzare meglio lo spazio e le strutture – racconta Alessandro Bonfiglioli, direttore generale del CAAB –. Questo ci ha permesso di liberare aree per la realizzazione del parco tematico Fico. All’interno dell’infrastruttura, inoltre, 40.000 metri quadri sono utilizzati dal- la Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna. Abbiamo un laboratorio di analisi, una borsa merci e una sala per la contrattazione. Laddove prima c’era un’area mercatale, troppo ampia e di vecchia visione, abbiamo dato vita a un ecosistema industriale-agroali- mentare che copre tutto lo spettro di esigenze del settore, dalla ricerca alla divulgazione, dalle attività mercatali alla distribuzione anche all’estero». Per una realtà che opera nel cuore della “food valley” il tema della valorizza- zione del made in Italy è centrale: «Nel nostro Paese, oltre che nel nostro terri- torio, ci sono tante aziende eccellenti che però non sempre hanno la forza di lanciarsi sui mercati internazionali con i loro prodotti enogastronomici. Il nostro ruolo è oggi anche quello di facilitatori di un processo di sviluppo industriale internazionale». All’interno del CAAB, vengono movimentati ogni anno circa 2,5 milioni di quintali di merce, di cui il 10% verso l’estero. «Entro 5 anni la quota sarà però alme- no del 40%!», afferma il direttore di CAAB. E non è l’unica spinta che muove l’evoluzione del mercato bolo- gnese: «In generale, sta aumentando la domanda di servizi logistici. E ci sono altri trend che caratterizzano il conte- sto, come gli “speciality store”, cioè punti di vendita più piccoli della Gdo/Do in cui consumatori cercano altissima qualità, e il consumo a domicilio». Realtà come il CAAB sono così chiamate a diventare anche centri logistici di prossimità. «Possiamo fare di un nostro possibile punto di “debolezza”, la capillarità, una forza, offrendo agli operatori una via diretta per il mercato di consumo che passa attraverso la nostra infrastruttura». E non è l’unica opportunità:«In Italia ci sono tantissimi mercati. Dobbiamo iniziare a ragiona- re in ottica di sistema e quin- di superare la logica della concorrenza a favore di una maggiore collaborazione tra le diverse strutture sul territo- rio. In tal senso, di recente, abbiamo firmato un accordo di integrazione con i centri di Rimini e Parma».
Da un articolo di Largo Consumo
Editor review
Summary
I TEMPI SONO MATURI. E IL PASSAGGIO DALL'ORARIO NOTTURNO A QUELLO DIURNO E' INELUDIBILE PER VALORIZZARE LE AZIENDE CHE OPERANO ALL'INGROSSO , RESTITUENDO LORO QUELLA CENTRALITA' OGGI PERSA.